Strumenti di valutazione di aderenza e persistenza per il farmacista ospedaliero

Aprile 2021

Il tema delle terapie domiciliari e più in generale della cronicità dei trattamenti farmacologici trova sempre maggiore interesse in ambito organizzativo sanitario e nella ricerca, quest’ultima in particolare attraverso gli studi osservazionali “in real life” che vedono attore protagonista anche il farmacista ospedaliero e territoriale.
Gli studi osservazionali attraverso l’utilizzo dei Real World Data (RWD) hanno come obiettivo l’analisi dei parametri che descrivono il percorso del farmaco dalla prescrizione alla somministrazione/assunzione, prendendo in considerazione l’ambito prescrittivo e quindi i cambi di posologia fino a valutare i livelli di aderenza e persistenza al trattamento da parte del paziente.
Gli studi che prendono in considerazione le variabili qualitative sono definiti di farmacoutilizzazione.
Gli studi di farmacoutilizzazione risultano fondamentali nell’interpretazione dei dati derivanti dal real world e rappresentano uno strumento di governance relativamente all’utilizzo appropriato e sicuro del farmaco.
Nell’attività del farmacista ospedaliero e territoriale devono essere presenti elementi e metodi per valutare e studiare la cronicità, anche al fine di realizzare studi di farmacoutilizzazione in real life.

Aderenza al trattamento

L’aderenza al trattamento farmacologico prescritto dal medico rappresenta il comportamento individuale inteso quale assunzione dei farmaci nelle dosi e nei tempi indicati, mentre la persistenza terapeutica è la continuità di assunzione della cura per il periodo indicato dal medico prescrittore.
Questi due aspetti sono i temi cardine nella valutazione delle terapie croniche domiciliari il cui protagonista principale resta il paziente con le sue caratteristiche cliniche e peculiarità soggettive che inevitabilmente influenzano il successo terapeutico, insieme all’organizzazione sanitaria che lo circonda e lo accompagna nella diagnosi e nella terapia.
L’adesione al trattamento è un processo comportamentale complesso a cui contribuiscono numerosi fattori connessi tra loro, e tra questi:

  • le peculiarità del paziente;
  • la natura e le caratteristiche della patologia;
  • il contesto ambientale in cui vive (area, cultura, organizzazione sociale e sanitaria);
  • il rapporto tra medico e paziente;
  • la durata e la complessità della cura;
  • gli effetti della cura stessa;
  • le modalità di erogazione delle prestazioni diagnostiche e terapeutiche;
  • i costi dei trattamenti farmacologici e organizzativi.

Nel 2003 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce l’aderenza al trattamento come “la misura in cui il comportamento di una persona - nell’assumere farmaci, seguire una dieta e/o eseguire cambiamenti nello stile di vita - corrisponde alle raccomandazioni concordate con il personale sanitario1. Tale definizione giunge dopo un lungo dibattito scientifico iniziato nel 1974 dal padre dell’Evidence-based Medicine, David Sackett, prima con un simposio e poi con una pubblicazione fondamentale “Compliance with Therapeutic Regimens”.2

MA QUAL È UN VALORE LIMITE PER POTER CONSIDERARE UN PAZIENTE ADERENTE ALLA TERAPIA?

Solitamente in letteratura si riporta il cut-off dell’80% per considerare un paziente aderente ad una terapia cronica.
In realtà non tutte le patologie sono simili per caratteristiche di gravità e capacità di cura, pertanto diventa necessario integrare la valutazione dell’aderenza all’esito clinico durante il trattamento terapeutico stesso.

Abbiamo cioè la necessità di correlare l’aderenza all’outcome clinico attraverso l’analisi per ciascun paziente dell’efficacia al trattamento.
Un esempio, diventato un riferimento nella letteratura internazionale in campo ematologico, è stato lo studio nel quale abbiamo correlato aderenza agli inibitori tirosin chinasici nel trattamento della leucemia mieloide cronica e la risposta molecolare: gli outcome di risposta molecolare profonda si sono riscontrati in maniera significativa solo nel gruppo di pazienti con aderenza superiore al 90% rispetto al gruppo con cut-off inferiori, ponendo tale valore come nuovo limite al di sopra del quale è necessario spingersi per ottenere il successo terapeutico nella LMC.4
Quindi monitorare l’aderenza alle terapie orali è di fondamentale importanza per determinare l’efficacia ed il successo terapeutico, ma anche per poter valutare la tossicità e dunque garantire la sicurezza dei farmaci assunti dai pazienti.

Indici di farmacoutilizzazione

Parallelamente alla definizione di aderenza, l’OMS ha pubblicato, sempre nel 2003, il manuale “Introduction to Drug Utilisation Research3 che ha posto le basi per gli studi di farmacoutilizzazione definendo gli indici sui quali costruire le ricerche in tale ambito: la Consumed Daily Dose (CDD) e la Prescribed Daily Dose (PDD). La CDD è stata successivamente sostituita dalla Received Daily Dose (RDD).
Tali indici descrivono rispettivamente il proposito terapeutico del clinico (PDD) e la dose resa disponibile al paziente (RDD), rappresentando così la base per uno dei calcoli validati dell’aderenza al trattamento, integrando e in alcuni casi sostituendo la DDD.
Esistono varie metodologie di calcolo e la maggior parte si basa sul pharmacy-refill cioè sul monitoraggio delle dispensazioni in farmacia.
Il calcolo della RDD è determinato dal rapporto tra la dose dispensata e la differenza in giorni tra due dispensazioni successive.
La PDD è la posologia prescritta e deve essere attentamente monitorata soprattutto nei casi in cui sono previsti aggiustamenti posologici. In questo caso il metodo più accurato per determinare l’aderenza è dato dal rapporto tra la RDD e la PDD poiché, soprattutto nel caso dei farmaci onco-ematologici, la DDD è di difficile standardizzazione e, se non si conosce la PDD, la valutazione dell’aderenza potrebbe diventare non accurata.4,5
Le difficoltà di calcolo della DDD in campo oncologico ed ematologico derivano dall’utilizzo frequente delle dosi sulla base del peso o della massa corporea, al fine di ridurre i problemi legati al basso indice terapeutico di questi farmaci.

Metodi per la misura dell’aderenza

La complessità del processo di cura e terapeutico comporta che ad oggi non ci siano misure o metodi univoci e ideali in grado di valutare in maniera oggettiva e univoca l’aderenza alle terapie in ogni specifica e singola situazione di vita del paziente.
L’orientamento in letteratura è quindi utilizzare metodi diversi e complementari e ripetere le valutazioni con regolarità e metodo durante il corso della malattia e della terapia.
Esistono molteplici metodi per misurare l’aderenza al trattamento: l’autoreportistica affidata al paziente, l’analisi dei database contenenti le prescrizioni, la misura dei livelli serici di farmaco, il conteggio delle pillole, il monitoraggio elettronico come il Sistema di Monitoraggio dell’Evento Farmaco (MEMS).6 Nessuno di questi può considerarsi libero da limitazioni.
In generale i metodi per misurare l’aderenza al trattamento possono essere distinti in diretti e indirettiI metodi diretti contemplano l’analisi dei livelli sierici di farmaco o dei suoi metaboliti da sangue o dalle urine. Questo metodo è certamente accurato; tuttavia metodi di questo tipo, oltre ad essere molto costosi e necessitare di laboratori adeguati dove poter eseguire le analisi, sono invasivi e necessitano di un forte coinvolgimento da parte del paziente che verrebbe sottoposto ad uno stress aggiuntivo, potenziale causa di allontanamento dalla terapia. Pertanto metodi di questo tipo non sono utilizzati di frequente e limitati solo nei trials clinici registrativi.
I metodi indiretti sono i più utilizzati in campo scientifico a scopo di ricerca perché di più facile impiego e comprendono questionari, diari compilati dai pazienti stessi, conta delle pillole assunte, interviste telefoniche e analisi dei database.
Tra i questionari più utilizzati possiamo annoverare quelli basati sulla scala di Morisky (MMAS Morisky Medication Adherence Scale) in base al quale le risposte del paziente determinano un profilo di aderenza al trattamento. L’uso però dell’autoreportistica e dei questionari non è da tutti apprezzato perché questi strumenti risentono della soggettività del paziente. In effetti il confronto con metodi indiretti più oggettivi(come l’analisi dei database) ha evidenziato differenze significative nelle valutazioni di aderenza calcolata sugli stessi pazienti valutati sia con somministrazione di questionari che con analisi dei dati amministrativi presenti nei database.
L’utilizzo dei database amministrativi in uso presso le farmacie che dispensano farmaci per terapie croniche consente la conduzione di studi osservazionali retrospettivi su ampie coorti di pazienti. Attraverso la selezione di una popolazione specifica correlata ad una patologia, dei farmaci utilizzati e del range temporale nel quale si vuole condurre l’analisi è possibile calcolare il grado di aderenza e persistenza alla terapia prescritta.
Elementi fondamentali presenti nei database sono i dati di prescrizione, come il numero di ricette erogate in un certo intervallo di tempo, il dosaggio prescritto, le date di dispensazione ed eventualmente i piani terapeutici del medico specialista.
In questo modo è possibile risalire al grado di aderenza e al periodo temporale di copertura, evidenziando l’eventuale interruzione dell’assunzione della terapia, sebbene occorra poi indagare e approfondire i motivi che concorrono a provocare tale sospensione, ricorrendo ad esempio al diario di terapia oppure a nuovi innovativi supporti informatici da fornire direttamente al paziente (app digitali) consentendo un monitoraggio continuo dell’assunzione di terapia e della qualità di vita percepita.
Il grado di adesione alla terapia può essere calcolato ed espresso in vari modi. Quelli più comunemente usati sono il Medication Possetion Ratio (MPR) e il Proportion of Days Covered (PDC), anche se in letteratura scientifica sono riportati numerosi altri metodi.7

 

Medication Possession Ratio (MPR)

Il MPR è sicuramente la metodologia più utilizzata per il calcolo dell’aderenza anche se è necessario comprendere bene come e quando utilizzarla al fine di non commettere errori di valutazione.
Per meglio capire questo concetto è utile approfondirne la trattazione utilizzando degli esempi pratici partendo dalla formula.

 

frazione1-mpr-costantini

Il Medication Possession Ratio (MPR) pone al numeratore la somma di tutte le giornate di terapia e al denominatore i giorni di osservazione in un periodo di tempo considerato.8

grafico1-2-costantini_0

MPR = (30 + 60 + 30 + 30) / 180 ×100 = 83%

Il valore da attribuire al denominatore può essere la durata della terapia o il periodo indicato come standard nello studio, ed è uguale e fisso per tutti i pazienti, cioè non tiene conto di interruzioni di trattamento prima della fine del periodo in studio.
Ad esempio, se il periodo di analisi è preimpostato in 365 giorni e un paziente interrompe a 180 giorni, è bene considerare i rimanenti 185 come non persistenza e non come non aderenza poiché nel rimanente periodo il paziente non assume più la terapia. Quindi le valutazioni sull’aderenza dipendono fortemente dalla scelta del denominatore, come si può evincere dall’esempio che riportiamo di seguito.

tabella1-costantini_0

Tabella1. Esempio per il calcolo di MPR

In Tabella 1 sono riportati i comportamenti ipotetici di due pazienti che utilizzano lo stesso farmaco nel corso dell’anno: il paziente A ha ritirato il Farmaco X  4 volte, il paziente B 6. A seconda della posologia e del numero di unità posologiche contenute in ogni confezione è possibile calcolare il numero di giorni di copertura farmacologica per ogni confezione, così come riportato in Tabella. Nell’applicare la formula che prevede al denominatore il numero dei giorni intercorsi tra la prima e l’ultima dispensazione, intesi come somma di dosi, e al numeratore la somma dei giorni coperti prima dell’ultima dispensazione, il calcolo dell’aderenza verrà effettuato come di seguito:

Paziente A: 270/292 = 0,92
Paziente B: 165/221 = 0,74

Un metodo alternativo prevede al denominatore la somma dei giorni coperti dallo studio, ad esempio 365, mentre al numeratore la somma dei giorni intercorsi tra la prima e l’ultima dispensazione del farmaco. Quindi, il calcolo dell’aderenza è il seguente:

Paziente A: 300/365 = 0,82
Paziente B: 195/365 = 0,53

Mettendo a confronto i due metodi, risulta evidente che quando viene utilizzato l’anno come denominatore l’aderenza è più bassa. Tale differenza è data dal fatto che nel primo metodo vengono considerati solo la somma degli intervalli che intercorrono tra una dispensazione e l’altra, mentre nel secondo viene considerato l’anno di trattamento. Il secondo metodo considera come fine terapia l’anno di studio e non prevede che un paziente possa terminare la terapia prima della data imposta dallo sperimentatore così da considerare come perdita di aderenza un intervallo temporale dove non è prevista la somministrazione del farmaco. Quindi, quando si presenta uno studio sul monitoraggio dell’aderenza, è sempre opportuno descrivere in maniera dettagliata il metodo di calcolo così da non incorrere in errori di interpretazione.

Un ulteriore metodo di calcolo tecnicamente più logico da un punto di vista terapeutico, e spesso utilizzato nelle nostre analisi, è dato dal rapporto tra la dose di farmaco ricevuto dal paziente (Received Daily Dose) e la dose di farmaco prescritta dal medico (Prescribed Daily Dose).
Questo calcolo risulta molto più accurato rispetto ai precedenti poiché valuta ogni singola prescrizione nel tempo e quindi anche gli eventuali e possibili cambi di posologia. Tale approccio risulta appropriato per l’analisi di terapie laddove occorra modulare il dosaggio in relazione allo stato di salute del paziente e ai suoi specifici valori ematochimici di risposta alla terapia.

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Proportion of Days Covered (PDC)

Il PDC è dato dal rapporto tra il numero di giorni nei quali viene assunto il farmaco sul totale dei giorni di trattamento. Questo metodo di calcolo pone dunque al numeratore il numero di giornate in terapia e al denominatore i giorni di osservazione.
Il numero di giornate di terapia non è uguale alla somma delle stesse: se ci sono sovrapposizioni tra una terapia e la successiva, queste vengono conteggiate una sola volta e non due.

grafico1-2-costantini

PDC = (30 + 60 –15 + 30 + 30) / 180 ×100 = 75%

Il PDC è un metodo analogo all’MPR con la sola differenza che al denominatore il numero di giorni non è prestabilito dal ricercatore ma è dato dalla differenza tra l’ultima data di dispensazione e la prima. La formula è simile all’MPR, ma invece di aggiungere semplicemente i giorni forniti in un dato periodo, il PDC considera solo i giorni "coperti". Si tratta di una sottile, ma importante differenza.

Nel calcolo dell’aderenza con MPR, se un paziente ritira un farmaco in una data precedente rispetto a quella ideale di ritiro, verranno conteggiati giorni sovrapposti di assunzione che comportano un rialzo nei valori di aderenza. Il PDC, invece, normalizza tale parametro: infatti considera ogni prescrizione come un “allineamento” rispetto ai giorni di assunzione evitando una sovra stima dell’aderenza al trattamento. Prima che i dati vengano elaborati, nel caso del PDC, le matrici sovrapposte vengono spostate in avanti allineandole al primo giorno in cui il paziente non assume più il farmaco rispetto alla dispensazione precedente. Lo spostamento di queste disposizioni numeriche fornisce un quadro reale dei giorni in cui il paziente è “coperto” con i farmaci, piuttosto che un semplice riepilogo di tutte le giornate fornite con il metodo MPR.

Consideriamo quindi un esempio che consenta di rappresentare la normalizzazione degli intervalli sovrapposti.

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Attraverso l’analisi dei giorni coperti non è possibile calcolare un’aderenza superiore al 100%. Tale metodica risulta essere più adatta nel caso di farmaci antiretrovirali o per politerapie come ad esempio il trattamento del diabete. Per tali regimi l’MPR sarebbe calcolato facendo la media dei MPR per ogni farmaco per un dato paziente. Il difetto di questo approccio è che i farmaci ad alta aderenza possono compensare quelli a bassa aderenza e portare a una media accettabile per l’intero regime. Ma lo scopo di un’analisi di questo tipo è che il paziente sia aderente a tutti i farmaci.
In tal modo l’utilizzo della metodica PDC non risulta essere semplicemente una media delle aderenze di tutti i farmaci analizzati, ma considera i giorni entro un dato termine, all’interno del quale il paziente è coperto per tutti i farmaci assunti. In altre parole, per un trattamento di 3 farmaci, un giorno è considerato “coperto” solo se tutti i farmaci sono assunti contemporaneamente dal paziente come da programma terapeutico. Sebbene l’MPR sia più comunemente utilizzato, il PDC sta diventando il metodo di misurazione dell’aderenza preferito, in considerazione dei suoi vantaggi.

Persistenza al trattamento

La persistenza al trattamento rappresenta il tempo di utilizzo di un farmaco ed è calcolata come differenza in giorni tra la prima e l’ultima dispensazione.9,10
La persistenza è rappresentata graficamente e statisticamente dalla curva di Kaplan-Meier, assumendo la data di fine trattamento come l’interruzione della terapia da parte del paziente. Tale curva esprime la “sopravvivenza al trattamento” ed è utilizzata in questo caso per mettere in correlazione un evento, l’interruzione della terapia studiata, con il fattore tempo. Il fatto che si chiami “curva di sopravvivenza” non identifica necessariamente che l’evento che sancisce l’uscita del paziente dal trattamento sia la morte, ma qualsiasi evento che provochi l’interruzione del trattamento, come ad esempio la progressione, lo switch, l’ospedalizzazione, l’intolleranza e/o la reazione avversa al farmaco.
È necessario, al fine della valutazione della persistenza, definire i parametri che identificano la data d’interruzione del trattamento. A tal proposito è necessario stabilire a priori il limite massimo ammissibile tra due dispensazioni cosicché, superato tale limite, si possa identificare la fine del trattamento. Tale parametro non può essere fisso e standard ma è relativo al tipo di farmaco, al trattamento e alla posologia.11 In genere. non avendo contatto diretto con il paziente, soprattutto nel caso di studi retrospettivi, il ricercatore possiede le date di dispensazione e la quantità dispensata per singolo paziente. Nell’analisi della persistenza sono utili la prima e l’ultima data e, se la prima data indica l’inizio del trattamento, l’ultima non è indicativa della fine del trattamento perché identifica quando il paziente ha ritirato l’ultima confezione/quota di farmaco ma non quando ha interrotto la terapia. Potrebbe, infatti, pur avendo a disposizione l’intero ciclo di terapia, averlo utilizzato solo in parte. Partendo da questo presupposto è necessario fare delle assunzioni di metodo a priori in maniera da uniformare per tutti i pazienti la metodologia di calcolo. In questo modo, l’ultimo intervallo viene considerato come se fosse un’assunzione ideale e la relativa dose completamente e correttamente assunta.

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Figura 1. Esempio di curva di Kaplan-Meier

Conclusioni

Per studiare l’aderenza ad una terapia cronica occorre conoscere le dosi effettivamente prescritte e dispensate nel tempo e applicare uno dei metodi descritti (MPR e PDC).
Preliminare è dotarsi di una tecnologia digitale adatta, a cominciare da un software che consenta di registrare volta per volta le dispensazioni oppure acquisire i dati, elaborarli per calcolare i livelli di aderenza e persistenza che dovranno poi essere condivisi con il clinico e con il paziente, attore principale dell’adesione al suo programma terapeutico il cui successo passa anche e soprattutto dalla sua motivazione e comportamento.
In quest’ottica, ai farmacisti spetta il compito di valutare costantemente i parametri di farmacoutilizzazione in real lifecontribuire all’engagement del paziente per migliorarne l’outcome clinico e non ultimo collaborare strettamente con il medico prescrittore in un ruolo attivo per favorire il successo terapeutico.

Bibliografia
  1. World Health Organization.Adherence to Long-Term Therapies: Evidence for Action. Geneva: WHO,2003https://www.who.int/chp/knowledge/publications/adherence_report/en/

  2. Sackett DL, Haynes RB. Compliance with Therapeutic Regimens. Baltimore: Johns Hopkins University Press, 1976

  3. WHO International Working Group for Drug Statistics Methodology, WHO Collaborating Centre for Drug Statistics Methodology & WHO Collaborating Centre for Drug Utilization Research and Clinical Pharmacological Services. Introduction to drug utilization research, 2003. https://apps.who.int/iris/handle/10665/42627

  4. Santoleri F, Lasala R, Ranucci E, et al. Medication Adherence to Tyrosine Kinase Inhibitors: 2-Year Analysis of Medication Adherence to Imatinib Treatment for Chronic Myeloid Leukemia and Correlation with the Depth of Molecular Response. Acta Haematol 2016; 136: 45-51.

  5. Santoleri F, Sorice P, Lasala R, et al. Patient adherence and persistence with Imatinib, Nilotinib, Dasatinib in clinical practice. PLoS One 2013; 8: e56813.

  6. Osterberg L, Blaschke T. Adherence to medication. N Engl J Med 2005; 353: 487-497

  7. Sattler EL, Lee JS, Perri M. Medication (re)fill adherence measures derived from pharmacy claims data in older Americans: a review of the literature. Drugs Aging 2013;30: 383-399

  8. Andrade SE, Kahler KH, Frech F, et al. Methods for evaluation of medication adherence and persistence using automated databases. Pharmacoepidemiol Drug Saf 2006; 15: 565-574; discussion 575-567

  9. Cramer JA, Roy A, Burrell A, et al. Medication compliance and persistence: terminology and definitions. Value Health 2008; 11: 44-47

  10. Blumenthal GM, Gong Y, Kehl K, et al. Analysis of Time to Treatment Discontinuation of Targeted Therapy, Immunotherapy, and Chemotherapy in clinical trials of patients with non-small cell lung cancer. Ann Oncol 2019; 30: 830-838

  11. Peterson AM, Nau DP, Cramer JA, et al. A checklist for medication compliance and persistence studies using retrospective databases. Value Health 2007; 10: 3-12

Alberto Costantini - Direttore UOC Farmacia Ospedaliera, ASL Pescara

Alberto Costantini

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