Diabete e complicanze cardiovascolari e renali: nuovi scenari assistenziali

Marzo 2021

Una malattia sempre più diffusa

ll diabete mellito è una malattia cronica complessa e multidisciplinare, oltre che molto comune.

Dal punto di vista epidemiologico negli ultimi anni si è registrata una crescita esponenziale della patologia a livello globale, e non si vedono segnali di inversione del trend in aumento del numero di casi. Nel 2019 la prevalenza media nei paesi europei era del 6,3%ma tale dato è destinato a crescere sia per l’insorgenza di nuovi casi, sia per l’allungamento della vita media.

In Italia i dati ISTAT mostrano un incremento della prevalenza della malattia dal 2,9% del 19802 al 5,6% della popolazione adulta del 2018, in numeri assoluti più di 3 milioni di soggetti totali con una stima di circa 1 milione di soggetti diabetici non diagnosticati.3

Diabete e rischio cardiovascolare e cardiorenale

fattori di rischio cardiovascolari sono noti da anni e ribaditi in numerosi lavori scientifici, e comprendono obesità, fumo, ipertensione, dislipidemia e diabete.4 Tra questi il più importante è sicuramente la presenza di diabete perché è noto che i soggetti diabetici presentano il doppio del rischio di sviluppare una patologia cardiaca rispetto alla popolazione non diabetica,5 e di contro, circa un terzo dei soggetti con diabete è affetto da malattia cardiovascolare.6

Negli ultimi anni è cresciuta molto la consapevolezza entro la comunità scientifica che i soggetti con diabete di tipo 2 vanno considerati pazienti ad alto rischio cardiorenale e non solo cardiovascolare. Infatti le complicanze cardiorenali rappresentano la principale causa di mortalità in questa popolazione. Secondo lo studio Riace condotto sulla popolazione italiana quasi il 40% dei soggetti con diabete di tipo 2 presenta anche una patologia renale (CKD) al I (6,7%), II (17%), III (17,1%) IV-V (1,7%) stadio.7

Inoltre, la coesistenza di diabete e malattia renale aumenta ulteriormente il rischio di sviluppare eventi cardiovascolari.8

La connessione tra diabete e malattia macrovascolare e renale è così forte che già nel 2001 le linee guida del National Cholesterol Education Program hanno elevato il diabete a livello di “equivalente di rischio cardiovascolare”.9

Le nuove terapie

Per decenni la terapia farmacologica del diabete di tipo 2 si basava sull’utilizzo di terapie “standard” come sulfanilurea, insulina e metformina. Nel corso degli ultimi anni, grazie alla crescente conoscenza della fisiologia del diabete, sono stati inseriti nel prontuario farmacologico per il paziente diabetico nuove classi di farmaci che agiscono sui meccanismi alla base dell’insorgenza della malattia e ne rallentano la progressione agendo su più livelli, con un evidente beneficio sul rischio cardiovascolare e renale, con un minor rischio di ipoglicemie e di conseguenza, maggiore aderenza alla terapia.10 Al tempo stesso è evidente anche la difficoltà a mantenere un adeguato compenso metabolico del paziente e spesso sarebbe necessario un aggiustamento posologico o la sostituzione/aggiunta di un farmaco adattandolo alle caratteristiche del paziente stesso e della patologia.

Sono quindi indispensabili interventi sia sui livelli glicemici sia sui fattori di rischio cardiovascolare, al fine di prevenire le complicanze e ridurre la mortalità. L’introduzione dei nuovi farmaci antidiabetici, ed in particolare gli Inibitori del co-trasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (iSGLT2) ha modificato in modo radicale l’approccio terapeutico,11 secondo il principio di patient centered medicine proposto dall’American Diabetes Association (ADA).

L’ADA nell'update del 2019 delle proprie linee guida raccomanda che i pazienti con diabete di tipo 2 e con eGFR ≥30 e albuminuria ≥300 mg/g usino un iSGLT2 per ridurre il rischio di progressione della malattia renale diabetica e/o eventi cardiovascolare.12 L’update 2020 delle linee guida ADA suggerisce che gli iSGLT2 vengano considerati indipendentemente dai valori di emoglobina glicata per pazienti con malattia cardiovascolare aterosclerotica, insufficienza cardiaca o malattia renale cronica o in pazienti già in trattamento in aggiunta a metformina per arrivare a target.13

Purtroppo ancora ora esistono delle limitazioni all’impiego di queste nuove opzioni terapeutiche che non sempre sono dettati dalle possibilità prescrittive ma anche dalla non adeguata consapevolezza del beneficio ottenibile dalla corretta fenotipizzazione del paziente e anche dall’inerzia che sovente ha il clinico stesso. Le stesse società scientifiche internazionali e nazionali indicano l’importanza della personalizzazione della terapia, della correzione degli stili di vita così come l’appropriatezza di intervento in termini di modernità che si traduce in rigoroso e rapido utilizzo delle terapie farmacologiche.

Gestione integrata della malattia e delle comorbilità

Le frequenti complicanze della malattia (patologie cardiovascolari, insufficienza renale, retinopatia, complicanze neuropatiche e insufficienza renale, piede diabetico), pongono problemi complessi di gestione delle comorbilità, della terapia e delle complicanze.

 

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L’esperienza clinica maturata in questi anni ci ha permesso di promuovere una collaborazione tra territorio ed ospedale ed all’interno dell’ospedale tra specialisti che concorrono alla gestione del soggetto diabetico per ottimizzare percorsi prognostico-terapeutici.

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Solo con l’investire in risorse (MMG, medici specialisti, terapie adeguate, aggiornamento scientifico e ricerca clinica) può permetterci di affrontare la pandemia diabete pensando ad un futuro con netta riduzione dei reali costi della malattia metabolica rappresentati da complicanze micro e macro vascolari nonché ospedalizzazioni.

Conclusioni

Per ridurre le conseguenze individuali e sociali della malattia diabetica è necessario incrementare l’efficacia e la sicurezza dei mezzi terapeutici ed adeguare la capacità di risposta del sistema alle mutate condizioni ed esigenze della popolazione.

Le potenzialità delle nuove terapie antidiabetiche offrono la possibilità di intervenire a vari livelli, garantendo non solo efficacia di tipo clinico, con il miglioramento del compenso e il raggiungimento di obiettivi metabolici, ma anche un profilo di sicurezza cardiorenale sul paziente mai ottenuto prima. Le nuove terapie hanno infatti come obbiettivo non solo quello di controllare la glicemia ma anche il raggiungimento di importanti risultati sulla prevenzione degli eventi cardiovascolari e renali quali lo scompenso cardiaco (prima causa di ospedalizzazione per i pazienti diabetici) e la malattia renale cronica.

Alla luce di queste considerazioni e dell’accumularsi di dati a supporto dell’efficacia e sicurezza delle molecole di nuova generazione, e grazie anche alle più recenti linee guida nazionali ed internazionali che enfatizzano l’importanza di un loro utilizzo in fase precoce di malattia, con risvolti positivi sull’appropriatezza, l’aderenza terapeutica e il conseguente rischio di complicanze, è indispensabile la condivisione di informazioni scientifiche tra gli specialisti che operano nella salute del soggetto diabetico (diabetologo, cardiologo, nefrologo) e la creazione di percorsi e flussi “virtuosi” che permettano l’accesso alle migliori cure possibili. Il tutto assolutamente concordato con il “regista” sul territorio cioè il medico di medicina generale.

 
Bibliografia
  1. IDF (2019), Diabetes Atlas, 9th edition, International Diabetes Federation, Brussels.

  2. ISTAT. Il diabete in Italia. Anno 2016. https://www.istat.it/it/files//2017/07/REPORT_DIABETE.pdf

  3. ISTAT. Annuario statistico italiano 2019. https://www.istat.it/it/files//2019/12/Asi-2019.pdf

  4. Dzau VJet al. The cardiovascular disease continuum validated: clinical evidence of improved patient outcomes: part I: Pathophysiology and clinical trial evidence (risk factors through stable coronary artery disease). Circulation. 2006;114:2850-70

  5. Sarwar N et al. Diabetes mellitus, fasting blood glucose concentration, and risk of vascular disease: a collaborative meta-analysis of 102 prospective studies. Lancet. 2010;375:2215-22

  6. Einarson TR et al. Prevalence of cardiovascular disease in type 2 diabetes: a systematic literature review of scientific evidence from across the world in 2007-2017. Cardiovasc Diabetol. 2018;17:83

  7. Penno G. Journal of Hypertension 2011, 29:1802-1809

  8. Foley RN, et al. Chronic kidney disease and the risk for cardiovascular disease, renal replacement, and death in the United States Medicare population, 1998 to 1999. J Am Soc Nephrol. 2005;16:489-95

  9. Expert Panel on Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Cholesterol in Adults. Executive Summary of The Third Report of The National Cholesterol Education Program (NCEP) Expert Panel on Detection, Evaluation, And Treatment of High Blood Cholesterol In Adults (Adult Treatment Panel III). JAMA. 2001; 285: 2486-97

  10. DeFronzo RA. From the Triumvirate to the Ominous Octet: A New Paradigm for the Treatment of Type 2 Diabetes Mellitus. Diabetes. 2009;58:773-795

  11. Zinman B et al. Empagliflozin, Cardiovascular Outcomes, and Mortality in Type 2 Diabetes. N Engl J Med. 2015;373:2117-28

  12. American Diabetes Association. Standards of Medical Care in Diabetes-2019. Diabetes Care. 2019; 42(Suppl1): 1-193

  13. American Diabetes Association. Standards of Medical Care in Diabetes-2020. Diabetes Care. 2020;43(Suppl 1): 1:212

Cesare Celeste Berra*

*Responsabile Diabetologia Clinica, Dipartimento Universitario Endocrino-Metabolico, IRCCS MultiMedica. Sesto San Giovanni (MI)

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